ROMANZO EPISTOLARE
Sergio mio caro,
perché Iddio ha voluto legarti a me in questo affetto quanto mai doloroso?
Amore mio, non c’era forse sulla terra persona che potesse amarti di più che potesse dedicarti più di quanto io abbia fatto, rispondo a tante affinità dello spirito e del carattere dandoci la certezza di essere stati concepiti l’uno per l’altra, e tutto ciò ci spinge ad amarci perdutamente per tutta la vita.
Cosa accadrà di questo amore, Sergio?, di questo amore che ci rende ormai ciechi e ci farebbe accettare, senza per nulla evitare, le situazioni più disperate?
Cosa di più bello sarebbe, come tu dici, poter andare a vivere nella tua casetta in campagna? Quanto sei caro Sergio, e come cerchi di confortarmi in mille modi!
Quanti giorni sono, Tesoro, che le mie mani non sfiorano il tuo viso in quelle tenere carezze che tu ami tanto e che per esse tante volte hai salito trepidante queste scale?
Quanti giorni, che spesso a me, non mi sussurri teneramente quelle care parole? Dala mia! E ogni giorno che passa, amore mio, si aggiunge caro alla dolorosa catena della nostra rinuncia e tanto più essa è dolorosa tanto più spasmodica diviene l’attesa di avere qualche momento solo per noi.
No voglio, Tesoro, che tu abbia a preoccuparti per me, per questo mio vivere divenuto penoso, perché in cambio del bene che mi rende il tuo amore, tutto è niente e così io sarei pronta a soffrire sino alla morte perché nel mio cuore non venga mai meno la fiducia nel tu affetto.
È per esso che io vivo, lotto, benché non poterci vedere, sentire, stringerci come vorremmo spesso mi desta dei tristi pensieri che mi martellano il cervello, mi divorano l’anima e mi avviliscono… terribilmente…
Hai un’arma infallibile per colpirmi in ogni evenienza e non venga mai il giorno che io abbia a subire tristi conseguenze.
Tu sei tanto caro, ed io lo so, mai dovrei far largo nel mio cuore a simili idee.
Chi poteva concedermi le prove di affetto quante tu ogni giorno, ogni ora me ne dimostri!
Chi poteva darmi dei sentimenti così sublimi quali tu coltivi per me?
Chi poteva osare tanto per difendere ogni cosa riguardante il mio nome?
Ti vedo spesso così intrepido quando parli con Martino che veramente mi lasci col respiro sospeso.
Amore mio!, riprendo a scriverti dopo la visitina tua qui, sono oltre le otto, ti ho trovato così stanco e forse anche avvilito.
Che accade, Amore? Non posso vederti così, perché ho uno strazio enorme e mentre vorrei chiederti, stringerti e, con le mie parole, calmarti, sicura di vederti tornare sereno e sorridente, nulla mi è permesso e debbo starmene lì fredda ed indifferente.
Sarà solo stanchezza?
Quale pena ti ha fatto passare la notte insonne?
Sono stata in ansia fino al tuo ritorno perché immaginavo a quale pazza corsa ti saresti lanciato.
Questa sera alla tua venuta qui ho notato un ambiente più sereno, è parso così anche a te, amore?
Sono felice per questo e tanto più tranquilla in modo che tu possa salire queste scale sempre con meno timore.
Mio caro, Sergio, sono a letto da pochi momenti, è ancora presto, le nove e mezzo, ed il pensiero è sempre solo a te, nell’augurarti una buona notte tranquilla ed apportatrice di riposo al tuo viso di questa sera così stanco.
Poco fa Martino ha parlato di te con disinvoltura e con quel tono di ieri che mi faceva tremare.
Amore mio, che Iddio ci protegga sempre in questo amore che son certa non dovrà mai morire.
Dala tua.
Rispondi