Seguendo la progressione del ritmo si rimane man mano spiazzati e affascinati da un mondo interiore delicato e inavvertito, fino ad atmosfere più inquiete in uno struggente finale.
Qual è lo scopo della poesia? Per fortuna nessuno, se non quello di portarci fin dentro una lacrima, vicino ad una bocca che si prepara al grido, sull’erba che diventa corpo e tomba.
In Sogno inappagato, una barriera separa l’autrice dal mondo, dalla realtà, chiusa in una prigione da cui è costretta a desiderare; ed è in questa lotta, in questo conflitto che Eleonora ci mostra lo slancio per la vita, la voglia di possederla, di danzarla.
Delusioni adolescenziali si mischiano a sensazioni più intime, paure e incapacità. Un conflitto ancor più spiazzante se si pensa alla giovane età dell’autrice.
La spiaggia, i luoghi, i corpi, non hanno forme confortanti. Appaiono come rami da recidere, tavoli da toccare per sapere che siamo vivi, gabbiani confusi sulla riva del mare, amori come aromi, essenze che si perdono nell’aria. Una razionalità da cui non riesce a liberarsi, mostrandoci la sottile sconfitta di chi sa ma non può parlare, vede ma non sa tornare.
Recensione Eleonora Danco
Collana “Gli Emersi – Poesia” – 2013
POESIE
SOGNO INAPPAGATO
Echeggio nell’infinito immenso tuo.
VIVA
Fanciullo
vorrei essere per volare,
stelo per vibrare,
vento per orchestrare,
ma già son tutto
perché son viva.
SEMPLICI
Siamo magici,
di fonte ad un muro
ne cogliamo
l’infinita bellezza.
IL TERRORE
Siamo terribilmente soli.
Terribilmente terreni.
Terribili ma umani.
SIAMO TUTTO E NIENTE
Chi guarda il tempo
è suo schiavo.
Chi lo fugge
abbandona la vita.
Chi sta nel mezzo
è un indeciso.
Chi è umano
è tutto questo:
una sfera.
L’UMANITÀ PERDUTA
Gabbiano,
guardo il tuo corpo lacero
sciamato di sabbia
Di chi mai la colpa?
Con qual coraggio è stato compiuto il gesto?
Chiedilo a noi.
Schifosi esseri dell’umanità.
Amiamo il cibo, il sesso
e con perversione adoriamo Dio.
NELL’ADE
Sconsolata e triste
vidi la gente morire
ed il sangue scolare
dove lo sguardo fanciullesco
è incapace di guardare.
Le ferite molte
sui corpi sfigurati;
ma la sofferenza troppa
tra quelle anime che,
ormai lustre di luce si
dirigono nell’Ade notturno.
TE
Sei in una stanza,
stretta, ristretta, buia e oscura.
Gli occhi, non aprirli.
Non guardare l’inguardabile buio.
Non toccare, non muoverti,
non respirare.
Sei prigioniero.
Prigioniero di te stesso.
PRIMAVERA MORTA
Tu, fior ingenuo
che appassisci e rinvigorisci,
che muori e germogli.
Tu fior mio
sei sublime.
Ti differenzi per bellezza.
Tu fior superbo,
ti diletti ma non godi,
è la libertà che ti manca.
SGUARDO
Languidi e tristi
sono i tuoi occhi
che instancabilmente
mi spingono nell’infinito.
VOGLIO SALVARMI
Voglio
l’inesistenza inappropiata di un mondo estranio.
Voglio
il sublime gioco di un pianto.
Voglio il sorriso rubato.
Voglio
l’assoluto di un mondo vuoto.
Voglio le tristezze sfumate dal sole.
Voglio
le costellazioni del nostro passato.
Voglio
la libertà dai ricordi
Voglio
una mente infinita, triste, spoglia
dalla sofferenza di un gioco senza fine.
Voglio catartizzarmi nel dolore subito.
Voglio volare
Voglio essere una farfalla.
Voglio gridare:
basta.
LA MANCANZA
Parlare di noi due, ora, è parlare di un fantasma.
Siamo due entità separate.
Luoghi distinti, lontani.
Un tempo, tu la terra, io il prato.
La nostra unicità era indissolubile.
Io crescevo su di te, te vivevi per me.
Un giorno,
venni recisa.
Le mie piccole radici vennero sradicate una ad una.
Il terreno si rovinò, divenne secco.
Non portò alla luce più nulla.
Iniziai a crescere su nuovi terreni,
ma nessuno fu fertile quanto te.
L’ADDOLORATA
Sconfitta e fallita sei.
Come fiore appassito perdi i petali
e attendendo che il vento li porti via,
piangi addolorata.
EBBREZZA
Piccola ebbrezza,
da lontano mi guardi,
con occhio triste, socchiuso.
Una lacrima,
bagna il tuo viso.
Il tuo cuore
cavalcando arde, brucia
e si rafforza annunciando
l’addio.
Le tue mani,
come mare
bagnano leggermente
le rosee rive scoscese
del mio viso.
Mentre,
l’aspra e dolce melodia
dell’anima tua
volta lo sguardo,
lasciando tracce di piccola ebbrezza.
PIANTO
Se l’acqua
sgorgando dai tuoi occhi
dipingesse
un platano fiorito,
allora saprei
che mi stai pensando.
TRASFIGURO
Trasfiguro.
Pensieri che crollano.
Dolore patito.
Vedo in lui la metà di te perduta.
L’ESSENZA
Mai smetterò di amare.
Farò di me un mostro.
Il pianto m’è essenza.
FORSE
Inutili speranze
in un dolce frastuono,
si allontanano.
PASSIONE
Cospargi,
sul corpo bianco il tuo amore,
bacialo come fosse pane,
ma poi
scappa e
non voltarti.
L’ATTESA
Aspetto, lascio che il tempo passi,
che la luminosità del giorno arrivi e vada,
che mi tocchi, sfiori e abbandoni.
Aspetto, lascio che il tempo passi;
costantemente attendo
come seme di germogliare per annusare
la vita.
Aspetto, lascio che il tempo passi
ricordando il tuo sapore
che umido sta sul corpo.
Aspetto, ma inutile è la costanza
Quando la perdita è assicurata.
ORA SOFFRI
Odo, tra vento, il tuo profumo
mielato.
Con il naso bagnato dalla pioggia oculea
cerco, disperatamente
di percepirlo.
Provo e riprovo ma
l’ignoto mi distoglie dal cercarlo.
Non so,
mai saprò
di quel profumo dolce.
PEZZI DI CARTA STRACCIATI
Pezzi di carta stracciati,
su di una sponda inesistente poggiate.
Pezzi di carta stracciati,
portate con voi la storia
dell’ebbrezza amata.
Pezzi di carta stracciati,
siete tristi, soli, perituri.
Avete vita breve;
la malinconia di cui vi fate portavoci
finirà con voi.
Pezzi di carta stracciati,
siete immobili,
piccoli distillati di dolore sentito,
piccoli sprazzi di luce sbiadita.
Piccoli,
sempre più piccoli deverrete.
La corrosione sarà vostra amica.
Finirà allora l’ultimo dolore:
quello del ricordo epistolare.
DI TE
Amerò per sempre,
l’intima fragranza
della tua essenza.
VORREI ESISTERE SOLO PER TE
Vorrei essere luna,
astro splendente
per illuminare il volto roseo della madre
nella vita fugace,
impaziente,
tuttavia amabile.
Essere vento vorrei,
per accompagnare
il respiro dell’ansimante donna.
Vorrei essere anche fuoco,
per riscaldare il cuore di chi,
ormai stanca,
cerca conforto.
Ma bramo essere il mondo
affinché possa proteggere
l’essere più bello: te.
MARIA
Chi ti ricorderà non sarà un fiore,
ma l’essenza di una vita intera.
TRE
Bimba,
le tue mani son candide,
degne di preghiera.
Ragazza,
la malizia diviene tua compagna
mentre le mani assaporano la vita.
Donna,
la vergogna ti sussurra nell’orecchio
che ora le tue mani son luride.
NOVITÀ
Poche,
fiaccole inorridite,
concreta essenza caotica,
rendimi schiavo della tua moltitudine.
Inebriami di gaia compagnia,
fammi specchiare nel tuo inferno.
Sollecitami
Mondo nuovo.
MEDITAZIONE
Scrutando il verdeggiante mare
odo, tra le onde
la sinfonia smarrita.
PERCEZIONE
Tavolo, ti percepisco al tatto:
sei consistenza.
URLO
I pensieri si accumulano,
i ricordi infastidiscono,
l’aria viene meno:
è l’urlo che si fa vivo!
GELIDO
Sto.
Lungo la schiena
la goccia
scivola.
Un brivido,
un dolorino
gracchi gracchia
e ti assale,
il fuoco fervido
del gelo.
LOGOS
Fratelli,
amabili e tristi,
non abbandonate la creatura
che sopperisce
nel logo notturno.
Logo,
non esserle dannoso.
Sfiorala con onde levigate
E in te falla crescere
affinché il mondo abbracci,
amalgamandosi nell’infinito.
DROGA
Overdose fiorita,
inimitabile
virtuosismo,
mi vivi esteticamente.
MALATTIA
Nevrosi, piccola docile, impalpabile tenerezza.
Tintinni,
profondo terrore.
Ora ti sento
stridere, gracchiare;
ricerchi freneticamente
il paradiso perduto.
Dove andrai? Dove scruterai
ancora impaziente della tua angoscia?
Vieni. Senti il caporale
che compiacendoti,
con profondo vittimismo,
dice: “baciami”.
Baciami,
te, avido squallore che
diversifichi l’uomo
ma lo rendi illuminato.
Te,
frangente mortuario di essenza,
cresci in me.
LURIDAMENTE MORRAI APPASSENDO
Deficienza,
m’impedisci di trovare
conforto.
Deficienza,
mi rendi schiava
di te, di me.
Deficienza,
costringi il ricercatore
alla sconfitta.
Deficienza,
fai piangere i
bambini sognatori.
Ricorda, lurida deficienza:
verrai punita e
contro te la mia luce fiorirà
nel vaso della gloria.
PALPITAZIONI
Ansie, odi laceranti,
ribrezzi odorosi, bidoni aperti
vi ripudio,
perché nauseanti,
ma vi cullo,
perché impulsi scrivani.
ETERNA
Osso sabbioso,
abbandonato alla deriva,
resisti alle tombe dei viandanti,
te,
sei poesia.